18 NOVEMBRE 2011

Anche il nuovo Governo si prepara a re-intervenire sul sistema previdenziale nonostante il vanto, certificato dalla UE solo l'anno scorso, di essere il più equilibrato e stabile in Europa. I soldi delle pensioni – però - sono gli accantonamenti dei dipendenti, un salario differito che rischia di essere assaltato dopo che i salari correnti sono stati decurtati e congelati. Ma non si può ragionare solo sulle uscite senza mettere in campo serie politiche di incremento delle entrate, quali un recupero della evasione contributiva ed una omogeneizzazione dei versamenti delle varie categorie.

E' questa la posizione della Confederazione sindacale medici e dirigenti in merito alle voci su nuovi provvedimenti in tema di previdenza, illustrata nel corso del Convegno Nazionale organizzato dalla COSMED ieri a Roma dal titolo “IL SISTEMA PREVIDENZIALE E LE RIFORME DETTATE DALLA CRISI DELLA FINANZA PUBBLICA”.

Il continuo balletto di leggine e proposte in merito ha già prodotto un esodo di massa dei dipendenti pubblici che hanno maturato i requisiti (+34% di pensionamenti nel 2011, +60% solo tra i medici), nel timore di nuove penalizzazioni. Con buona pace delle necessità immediate di cassa.
L'età media di effettiva entrata in quiescenza è, in Italia, superiore alla media europea poiché normalmente si resta al lavoro anche dopo la maturazione dei requisiti, ma sotto la minaccia di nuove stangate l'atteggiamento cambia. Ed anche la soglia fatidica dei 67 anni per la vecchiaia sarà raggiunta in Italia prima che in altri Paese della UE. Senza contare l'effetto del “gradone” previsto nel 2012 per le donne del pubblico impiego. Curioso che in prima linea per penalizzare le pensioni siano proprio quei soggetti che per anni hanno fatto massiccio ricorso ai prepensionamenti.
 
Le stesse demonizzate pensioni di anzianità suppliscono ad altri istituti di uscita dal lavoro, ben più onerosi, presenti in altri Paesi d'Europa, quali l'indennità di disoccupazione, il part time agevolato, le riduzioni di orario e il cambiamento di mansioni, forme di accompagnamento alla pensione che in Italia non esistono. E contribuiscono anche a contenere il tasso di disoccupazione dei giovani altrimenti destinato nel nostro Paese a diventare insostenibile.
 
Non si può invocare l'Europa solo per stangare, né si possono fare paragoni su singoli aspetti fuori dal contesto generale. Le riforme pensionistiche in Europa hanno avuto la caratteristica della gradualità e vengono concertate con le Organizzazioni sindacali non sono il frutto di folgorazioni notturne.

I Medici ed i Dirigenti sanitari, veterinari ed amministrativi esprimono netta contrarietà ad un modello di sviluppo che, separando la previdenza dal mercato del lavoro, veda i vecchi trascinarsi al lavoro e i giovani restare disoccupati.
 

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